La Cgil Casino’ si propone come interlocutore al nuovo sindaco, nel mentre i soliti noti sgomitano per avere un posto a tavola.

Che tutto cambi, purché la festa continui.

Vi sveliamo il gioco delle tre carte di sindacati e azienda, mentre la casa da gioco affonda per colpa dei soliti noti.

Giusto ieri i quotidiani locali riportavano un lungo comunicato della CGIL Casino’ che elencava le cose fatte, le cose che si potevano fare e il suggerimento al governo cittadino, in primis al sindaco Brugnaro, su cosa dovrebbero basarsi le azioni di rilancio.

L’idea di trasformare in hotel il vicino palazzo Marcello fronte Canal Grande e trasformare alcune stanze della dimora wagneriana in suite non è certo una novità. A onor del vero, tale soluzione era già stata ipotizzata ai tempi della gestione comunale (si parla prima del 1996) ed è stata ripresa dai vari cda che si sono succeduti  in carica. Il tutto doveva passare su uno scambio di palazzi tra Soprintendenza e Comune. Non se ne è fatto nulla , e l’edificio comunale oggetto di scambio con l’adiacente palazzo Marcello ora è della Fondazione Prada. Stessa cosa per quanto riguarda  il trasferimento della sede di Ca’ Noghera all’interno di  un hotel di terraferma con affaccio sulla gronda lagunare con possibilità di raggiungere Venezia e il suo casinò storico tramite via d’acqua. Si era già pensato a questa soluzione prima ancora di acquisire Ca’ Noghera.  La scelta allora era ricaduta sull’ex Ramada Hotel  (ora Russot)  ma alla fine non si era  potuto far  nulla per via di alcune complicazioni con la proprietà. Ciò per quanto riguarda le proposte che il sindacato del Casino’ ha pensato di avanzare alla nuova amministrazione comunale sul versante rilancio.

Più interessante invece e meritevole di una più approfondita spiegazione e’ la questione della diminuzione del costo del lavoro. Che a una superficiale lettura parrebbe premiare l’operato dell’Amministratore Delegato Vittorio Rava’, oltre che l’azione del sindacato che avrebbe di fatto accettato una politica di contenimento salariale. In effetti, a una lettura più attenta, se di diminuzione del costo del lavoro si può parlare, risulta chiaro come essa sia determinata dal calo degli incassi che si ripercuotono sul sistema premiante in essere e non certo per le azioni messe in campo dalle organizzazioni sindacali e dall’azienda.

Affermare che le organizzazioni sindacali abbiano contribuito all’abbattimento del costo del lavoro del 21,5% non rispecchia la realtà che si legge dai numeri reali. Da essi infatti  si capisce chiaramente che l’abbassamento del costo del lavoro si è verificato esclusivamente sulla minore erogazione del sistema premiante legato esclusivamente all’andamento degli incassi. Che se  nel 2010 erano all’apice con oltre 200 milioni, oggi sono poco meno della metà. Va da sé che il calcolo è presto fatto e la riduzione è proporzionale agli incassi generati.

Per tale diminuzione del costo del lavoro chi ha realmente contribuito al suo abbassamento è stata in buona parte la crisi e per il resto una gestione non certo brillante da parte dei vertici aziendali.  I cui risultati non certo positivi nel quinquennio hanno abbassato la quota di mercato in favore di altri competitor italiani. Per non parlare anche della diminuzione del numero di dipendenti (prevalentemente per pensionamenti)che ha contribuito conseguentemente  all’abbassamento del costo del lavoro. Se poi, come riportano i dati, andiamo a verificare il costo senza i premi  si vede che nel 2014 il costo pro capite è, seppur di poco, superiore a quello di riferimento del 2010. Mentre tutto ciò veniva sbandierato nel comunicato della CGIL Casino come il raggiungimento di un obiettivo comune tra sindacato e azienda, sancito nell’accordo dell’agosto 2011. Un accordo, non privo di alcune incongruenze. La prima, come abbiamo più sopra scritto, è sul costo del lavoro. La seconda riguarda quella parte (circa 350) di dipendenti che percepiscono le mance. Ebbene in quell’accordo viene sancito che le mance percepite da parte dei clienti avranno, da quel momento in poi, una divisione del 60% in favore ai lavoratori e il 40% rimanente all’azienda . Nel passato invece le mance erano divise in maniera diversa, con il 54% in favore di quel comparto di lavoratori che beneficiano di tali proventi e il 46% all’azienda casinò. Il  che significa poi altre entrate in favore del Comune di Venezia.

In fin dei conti un 6% di differenza non è chissà che cosa. Ma se prendiamo ad esempio il dato mance del 2014,  i circa 350  impiegati (su un totale di 550) si sono divisi complessivamente  7,8 milioni e l’azienda 5,2 milioni.  Se il calcolo fosse stato fatto prima dell’accordo, con quel 6% in più in favore dell’azienda,  la stessa avrebbe trasferito circa 800 mila euro all’anno in più al Comune. Cifra non di poco conto visto che negli anni più volte il Comune è dovuto intervenire con ricapitalizzazioni a suon di milioni. In buona sostanza, quanto si è siglato sulla divisione delle mance e’  derivato principalmente dallo scopo di mantenere la pace sociale. Nel mentre si è fatto passare un accordo che di fatto non ha prodotto alcun beneficio sia in termini economici, sia in termini di produttività. Anzi ha sottratto ulteriori risorse alla Città e ai suoi cittadini. Siamo certi che il sindaco avrà agio di riflettere su questi meccanismi e dati, e sui danni che questo accordo ha procurato alle casse comunali. E che soprattutto nel momento della scelta dei nuovi vertici, la memoria non gli difetterà.

 

rapporto restribuzione premi e dipendenti casinò di venezia

 

N.B. il numero di dipendenti è formato anche con part time e parte di cessazioni durante gli anni e pertanto il dato contiene la virgola per tale effetto

Tabella apparsa su gioconews e riprodotta

Link utili:

http://casino.gioconews.it/sindacale-2/41505-casino-venezia-slc-al-sindaco-brugnaro-si-recuperi-il-tempo-perduto

http://casino.gioconews.it/sindacale-2/41513-costo-del-lavoro-al-casino-venezia-un-calo-solo-apparente-dal-2010-al-2014

Casinò di Venezia, CGIL Venezia, Vittorio Ravà

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