La nostra inchiesta in itinere sul fenomeno dell’esplosione degli affitti turistici a Venezia ha già raggiunto qualche piccolo risultato.
Ha infatti costretto cittadini, media, politica e forze dell’ordine a confrontarsi con le dimensioni del fenomeno, con i suoi abusi e a cominciare a ragionare sulle ricadute positive e negative sulla città.
Nei nostri articoli e post sui social abbiamo sempre tenuto un atteggiamento neutro, evidenziando le dimensioni del proliferare delle offerte, le discrasie con i dati ufficiali, le potenzialità dal punto di vista economico e le criticità.
Questa la nostra posizione all’inizio:
La posizione di RESET.
Questo è un mercato che tocca in modo diretto la residenza e per questo ha bisogno di essere normato e controllato con assoluta attenzione.
Chi vuole fare impresa affittando i propri immobili ai turisti lo fa nel proprio diritto ma deve assolutamente farlo anche nella più assoluta e totale legalità e comunicando in tempo reale l’occupazione degli stabili.
Chi è demandato al controllo lo deve fare in modo costante, puntuale ed inflessibile usando tutti i mezzi a disposizione per incrociare i dati del mercato (come abbiamo fatto noi ad esempio).In questo modo saranno mitigati gli evidenti effetti negativi sulla residenza di questo business e si potrà ottenere una fotografia corretta della realtà, che costituisce un elemento essenziale per l’analisi dei flussi, in funzione di una loro gestione e programmazione sempre più necessaria in una città ormai prona alle esigenze del turismo e di chi ne trae profitto
Ecco i nostri articoli e post più significativi:
Ma adesso che si fa ?
Sancito che è un fenomeno redditizio (Più di 180 Milioni di dollari all’anno solo su AirBnB di cui 155 provengono dal mercato delle INTERE UNITA’ ABITATIVE – escluso quindi chi affitta stanze in casa propria ) …
… sancito che è un fenomeno in continua crescita (vedi grafico sottostante) …
come facciamo a fare in modo che tale fiume di denaro ed il legittimo diritto dei proprietari a mettere a reddito i propri immobili non vada in conflitto con la residenza a Venezia?
Se lasciamo fare al mercato e alle leggi vigenti in materia possiamo immaginare un unico futuro possibile per Venezia:
Una città abitata solo da abbienti proprietari immobiliari che affittano a turisti e da famiglie in difficoltà che hanno diritto ad una casa pubblica a prezzo accessibile, ergo la sparizione della classe media a Venezia.
Se questo è quello che vogliamo la strada da seguire è quella corrente, una legge sul Turismo della Regione Veneta pensata per luoghi come Bibione e Duna Fiorita e nessun freno all’ingordigia dei singoli.
LA PROPOSTA: Riconoscere la specificità di Venezia escludendo sul suo territorio l’articolo 27bis della Legge Regionale 11/2013.
l’obiettivo è quello di alzare l’asticella per disincentivare la corsa forsennata ad offrire immobili solo sul mercato turistico.
In questo modo chi vuole fare impresa sul turismo affittando la seconda, terza, quarta etc etc casa lo potrà fare solo garantendo un approccio imprenditoriale, qualità dell’offerta e contributi fiscali pari a quelli di chi opera nel settore da professionista.
Infatti la legge sul Turismo della Regione Veneto (L.R. 11/2013) ha tradito i suoi stessi principi e ha tradito Venezia.
E’ nata come legge che si prefiggeva l’elevazione della qualità dell’offerta turistica veneta attraverso la sua imprenditorializzazione e la sua chiara standardizzazione.
Con la modifica apportata appena un anno e mezzo dopo la promulgazione (L.R. 45/2014) ha invece smontato tali suoi due principi fondamentali, introducendo l’art. 27bis, con il quale si è data la stura alla proliferazione incontrollata di strutture ricettive complementari (quelle che vengono generalmente denominate extra alberghiere), senza necessità di loro esercizio in forma imprenditoriale, senza necessità di classificazione, senza possibilità quindi di standardizzare l’offerta, non essendo richiesto alcun requisito minimo di qualità.
L’art. 27bis ha introdotto così la figura degli “alloggi dati in locazione esclusivamente per finalità turistiche senza prestazione di servizi“.
E’ ben vero che l’art. 53 del Codice del Turismo prevede che: “Gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, sono regolati dalle disposizioni del codice civile in tema di locazione“. ma tale disposizione, così come quella dell’art. 1 della L 431/1998, non può e non deve essere letta come l’esclusione di tale tipologia di struttura ricettiva dalla disciplina delle strutture ricettive (come insensatamente ha fatto la Regione Veneto), ma come l’esclusione dei relativi contratti di locazione dalla disciplina vincolistica dei contratti di locazione abitativa disciplinati dalla L 431/1998.
Ciò è confermato sia dalla lettura dell’art. 1 del Codice del Turismo che recita: “Il presente codice reca, nei limiti consentiti dalla competenza statale, norme necessarie all’esercizio unitario delle funzioni amministrative in materia di turismo ed altre norme in materia riportabili alle competenze dello Stato, provvedendo al riordino, al coordinamento e all’integrazione delle disposizioni legislative statali vigenti, nel rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea e delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali”, sia dal fatto che l’art. 53 è, sistematicamente, inserito nel Codice del Turismo nel Titolo VI, denominato “Contratti”.
Rientrava e rientra quindi ancora nella piena potestà della Regione Veneto (almeno fino a quando non dovesse passare la revisione costituzionale oggetto di referendum) la disciplina di tale struttura ricettiva, che viene esercitata in immobili con destinazione urbanistica abitativa e non alberghiera e regolata inter partes con contratti di locazione abitativa sottratti al regime vincolistico della L 431/1998 e disciplinati dagli artt. 1571 e ss. del Codice Civile.
L’inserimento dell’art. 27bis costituisce quindi un “regalo” voluto in particolare dagli operatori turistici delle località balneari del litorale che, data la rigida e breve stagionalità di quelle locazioni turistiche, hanno ritenuto dannoso pretenderne l’esercizio in forma imprenditoriale.
Al di là del fatto che anche questo sarebbe stato un tradimento dei principi fondanti della nuova Legge sul Turismo veneto, il legislatore regionale avrebbe potuto almeno prevedere la specificità di quei particolari territori.
Non lo ha fatto ed ha tradito così sé stesso e Venezia, che non ha problemi di rigida e limitata stagionalità, ma problemi di proliferazione dell’offerta, spesso illegale e di pessima qualità, per contenere o provare a risolvere i quali sarebbe stato essenziale mantenere per Venezia il requisito dell’imprenditorialità (che consente migliori controlli), della qualità e dello standard (che consentono la selezione e il miglioramento dell’offerta sia in termini di sostenibilità, che di crescita imprenditoriale, che di soddisfazione dei bisogni della clientela, esattamente come previsto dalla stessa L.R. 11/2013, che, all’art. 1, comma 2, dichiara espressamente di avere queste finalità:
“a) promozione dello sviluppo economico sostenibile, nell’ambito della valorizzazione delle risorse turistiche, e garanzia della fruizione del patrimonio culturale, storico, artistico, territoriale ed ambientale;
b) accrescimento della qualità dell’accoglienza turistica e incremento dell’accessibilità, della tutela dei diritti e del rispetto dei doveri degli operatori e degli utenti;
c) crescita della competitività delle singole imprese e della complessiva attrattività del Veneto quale meta turistica, anche avvalendosi di società a partecipazione o controllo regionale ai sensi della vigente normativa; (1)
d) innalzamento degli standard organizzativi dei servizi e delle infrastrutture connesse all’attività turistica e del livello della formazione e della qualificazione degli operatori e dei lavoratori;
e) elaborazione di nuovi prodotti, sviluppo della gamma di prodotti, di attività ed aree turistiche e miglioramento della qualità delle destinazioni turistiche;
f) promozione del Veneto quale marchio turistico a livello nazionale e del marchio “Veneto/Italia” a livello internazionale e sviluppo di una politica di marchio regionale;
g) sostegno alle imprese turistiche, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese;
h) sviluppo della qualità e dell’innovazione di processo e di prodotto e delle moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
i) sviluppo di una gamma completa ed efficiente di strumenti economico finanziari a supporto dello sviluppo delle imprese del settore”.