Come abbiamo già scritto più volte la nostra posizione predilige un approccio pragmatico che partendo da un imprescindibile ricambio di persone al governo della città preveda poi una migliore articolazione dei poteri e delle deleghe delle istituzioni che saranno tenuti a governare al fine di permettere una maggiore operatività, in poche parole :
La separazione tra Venezia e Mestre è un opzione possibile, ma nel più ampio contesto della Città Metropolitana, il cui iter propone la suddivisione del comune capoluogo in varie aree omogenee.
Attenzione però che la separazione non è la risposta a tutti i mali del Comune e non deve costituire un alibi per assolvere amministratori ed elettori da venti anni di disastro amministrativo: solo azzerando le vecchie logiche e ripartendo con spirito propositivo il nostro territorio può raccogliere la sfida economica e sociale del XXI secolo
SULLA QUESTIONE CITTÀ METROPOLITANA E SEPARAZIONE VENEZIA/MESTRE
La Legge 56/2014, appena entrata in vigore, ha istituito le Città Metropolitane, incidendo così fortemente nell’assetto territoriale futuro del nostro Paese .
Tra le 10 Città Metropolitane istituite, la Città Metropolitana di Venezia, ente di rango costituzionale, è dunque realtà.
In questo quadro va portata oggi la discussione sul miglior assetto amministrativo del territorio e, in particolar modo, quella sulle iniziative in atto finalizzate alla divisione del Comune di Venezia nei due comuni di Venezia e Mestre.
Ma il referendum per la separazione si può e si deve fare?
Va innanzitutto chiarito che i due progetti di Legge per l’articolazione del Comune di Venezia nei due Comuni di Venezia e di Mestre, sia quello di iniziativa popolare sia quello presentato dal consigliere regionale Stival, non hanno alcuna possibilità di successo per motivi tecnici che andiamo a spiegare.
Innanzitutto va chiarito che, ai sensi della L.R. 25/1992 i due progetti di legge sono soggetti al medesimo iter, costituendo il secondo il mero doppione del primo
Il combinato disposto dalla L.R 25/1992 e della Legge 56/2014, inoltre, non rende accoglibili tali progetti di legge, poiché la divisione così come proposta contrasterebbe con la possibilità di piena attuazione della Città Metropolitana.
Da ultimo, la popolazione interessata eventualmente chiamata ad esprimersi sul referendum non potrebbe essere solo quella del Comune di Venezia, ma dovrebbe essere individuata in tutta la popolazione della neonata Città Metropolitana.
D’altra parte la L. 56/2014 subordina la possibilità di elezione del Sindaco metropolitano a suffragio universale all’articolazione del comune capoluogo in più comuni, per rendere più omogeneo il voto ed evitare un eccesso di peso di un comune rispetto agli altri della Città Metropolitana. Tale eventualità verrebbe impedita dalla divisione del Comune di Venezia con la creazione di un Comune di Mestre di dimensioni sproporzionate e quindi in palese conflitto con lo spirito della legge che istituisce la Città Metropolitana.
In definitiva, ragioni di logica, di opportunità ed anche meramente procedurali rimandano l’eventuale separazione del Comune di Venezia a tutt’altre modalità e tempistiche.
Posizione di RESET sull’eventuale separazione
Detto dell’impossibilità di successo delle iniziative referendarie in atto, la pretesa di separazione pura e semplice del Comune tra città d’acqua e città di terra è priva di significato. Essa si basa infatti sull’errato presupposto che i molti problemi che affliggono la città siano il frutto di una scarsa attenzione agli aspetti locali da parte degli amministratori.
In particolare, per i separatisti lato acqua vi è la convinzione che, essendo minoritari in termini numerici, le loro istanze non trovino interesse in quanto meno appetibili dal punto di vista elettorale ed identificano nel territorio lagunare (città storica, come Murano, come Lido o Pellestrina) problematiche similari.
Anche i separatisti lato terra, d’altronde, sono persuasi che problemi ed interessi della terraferma siano sistematicamente posti in secondo piano rispetto alla rilevanza mondiale del Centro Storico che risulterebbe cioè eccessivamente ingombrante.
E’ curioso notare come entrambe le fazioni, dunque, pensino in modo incrociato di essere amministrati da chi guardi solo all’altra parte della città,fornendo, consapevolmente o meno, un enorme alibi a vent’anni di errori e malgoverno.
Noi di RESET riteniamo che nessuno di questi due assunti sia vero e che la situazione insoddisfacente in cui versa il Comune sia esclusivamente dovuta all’insipienza della classe dirigente che occupa da anni la stanza dei bottoni e, va detto con franchezza, anche al perdurante conservatorismo del corpo elettorale, ovunque residente, incapace imporre un deciso rinnovamento della stessa.
Insomma non è un mero problema di confini ma soprattutto di capacità dei nostri governanti.
Dobbiamo infatti sottolineare come i maggiori difensori della divisione in due del Comune di Venezia evitino di trattare il tema della qualità del governo della città o di chi dovrebbe poi governare le nuove entità ed invece indichino la separazione come taumaturgica soluzione di tutti i mali.
Riteniamo, al contrario, che le questioni in gioco possano essere classificate in due categorie:
- Questioni metropolitane es. mobilità, tram, occupazione, porto, aeroporto, gestioni dei flussi turistici, legalità, welfare.
- Questioni specifiche es. per la città d’acqua: l’assoluta necessità di invertire il trend del calo di abitanti, la pressione dei turisti; per la città di terra: lo svuotamento del centro di attività commerciali per il proliferare folle di grossi centri commerciali nella cintura semi-urbana, la trasformazione di interi quartieri centrali in casbe mono-etniche, la sicurezza.
I primi sono problemi oggettivamente di scala metropolitana per cui l’eventuale separazione complicherebbe fino ad impedire del tutto la loro gestione. La miglior risposta alla specificità dei secondi non dipende affatto dal numero di amministrazioni in cui venga frazionato il territorio, ma dalla qualità degli amministratori stessi e quindi dalla capacità degli elettori di voltare pagina.
La Città Metropolitana
Alle considerazioni appena esposte si aggiunge l’inevitabile impatto che comporterà l’appena istituita (e tutta da costruire) Città Metropolitana. Entro il 30 settembre 2014, come noto, dovrà essere redatto lo Statuto, d’intesa tra i rappresentanti di tutti i Comuni della nascente Città metropolitana. Lo Statuto dovrà riempire di contenuti il costituendo Ente e, in particolare decidere in merito alla modalità di elezione del Sindaco metropolitano. Ovvero decidere se il Sindaco della CM deve essere eletto a suffragio universale tra tutti gli elettori della CM oppure se questi debba essere, per default, il Sindaco del Comune capoluogo. Nel caso che di elezione a suffragio universale, il comma 22 prevede che “è condizione necessaria affinché si possa far luogo a elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale che, entro la data di indizione delle elezioni si sia proceduto ad articolare il territorio del comune capoluogo in più comuni.”
Qual è la ratio di quanto sopra? Ragionevolmente, intento del legislatore è lasciare al territorio la scelta tra due possibili modelli:
- Nel caso si opti per un Sindaco Metropolitano non eletto ma semplicemente coincidente con quello del capoluogo la CM assomiglierà molto alla vecchia Provincia (di cui comunque eredita tutta le obbligazioni e le competenze), con il capoluogo primum inter pares.
- Se si opta per l’elezione diretta, la legge obbliga il capoluogo a frazionarsi in modo che i comuni metropolitani abbiano dimensioni (e quindi peso elettorale) più omogenee (si pensi che, dopo il Comune di Venezia, il comune più popoloso è quello di Chioggia, con poco più di 50 mila abitanti, seguito da San Donà, che scende già a 41 mila, risultando così lampante come un comune di Mestre di 170/180mila abitanti dovrebbe essere ulteriormente frazionato).
La costituzione di zone omogenee è dunque da un lato lo strumento per più efficacemente rappresentare tutte le istanze del territorio sia per la rappresentazione di quelle sopra definite questioni specifiche all’interno del Comune capoluogo.
In definitiva bisogna valorizzare al meglio il nuovo istituto della Città Metropolitana dandogli anche un’anima ed una prospettiva a breve termine lavorare sullo statuto della Città Metropolitana e su quello del Comune di Venezia, affinché il Comune di Venezia sia suddiviso in zone omogenee e perché le specifiche funzioni siano reali deleghe e attribuzioni di facoltà di auto-amministrazione dei problemi quotidiani, ad un livello più vicino alle esigenze dei cittadini abitanti in ogni specificità territoriale della città.
Proprio le zone omogenee, intanto già individuate e rodate, potranno essere la base per partire con una seconda fase della Città Metropolitana, quella che consenta l’elezione del Sindaco metropolitano a suffragio universale.
Tale fase dovrà essere necessariamente preceduta dalla messa a punto legislativa, cui già il Parlamento sta lavorando, con la previsione dell’eleggibilità a suffragio universale non solo del Sindaco, ma anche del Consiglio metropolitano e con l’attribuzione alla Città Metropolitana di ulteriori funzioni e competenze attraverso la modifica del Titolo V della Costituzione e la nuova Legge Speciale per Venezia.
In tal modo la riforma istituzionale appena varata potrà spiegare al massimo le sue potenzialità, con un governo politico delle questioni strategiche e con la migliore gestione decentrata dell’amministrazione del territorio in attuazione di un progetto coerente.
Ma è oggi, nel brevissimo lasso di tempo da qui al 30 settembre 2014, che si determinerà, con lo statuto, il volto della nostra nuova realtà ed è quindi oggi che tutti dovrebbero mettere da parte inutili iniziative votate all’ennesimo insuccesso e pretendere che la Città Metropolitana sia costruita per le esigenze dei cittadini e non per equilibri di potere tra i partiti.
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